IL VALORE DEL PANE

  • Aprile 11, 2019 14:53

L'immagine può contenere: una o più persone, persone in piedi, cibo e spazio all'apertoQuesta volta credo non si possa tacere, come in tante altre situazioni, ma stavolta una storia, accaduta di recente, colpisce una mia parte più profonda e personale. Mi riferisco alla storia della bambina, proveniente da una famiglia indigente di origine straniera che non era in regola col pagamento della retta della mensa, a cui, al momento del pasto è stata presentata una scatoletta di tonno e un pacchetto di cracker, invece che il regolare pasto come a tutti gli altri. Scrivo come adulto che da bambino, per motivazioni che certo si possono intendere, in mensa ci andava col panino portato da casa e da questo vorrei tirarne fuori un significato empatico e non di rabbiosa rivincita. Siamo nella provincia di Verona, in Veneto, una delle regioni più ricche d’Italia. Parliamo di cibo e siamo così abituati ad averne in abbondanza che ne abbiamo totalmente perso il valore non soltanto simbolico, ma anche culturale, storico ed educativo. Soprattutto per un bambino, non soltanto il cibo rappresenta uno dei pochi elementi fondamentali dell’accudimento da parte di chi ha il Dovere (con la D maiuscola) di prendersi cura di lui – e non mi riferisco solo ai genitori, ma a tutti coloro che scelgono per professione di essere parte educante e aggiungo a tutto il mondo dei sedicenti adulti – ma significa molto di più. Attraverso il pasto passa la condivisione più intima della fragilità della propria natura, quella di dipendere da un elemento per vivere. Esso rappresenta il più grande momento di condivisione. Mangiare insieme significa mostrare un enorme gesto di fiducia. Attraverso il cibo viene comunicato il messaggio più importante di accettazione dell’altro, di accoglienza, di integrazione e di appartenenza tutti alla grande famiglia umana. Tutto questo comincia ad essere negato ai bambini. Pagamenti di buoni per il pasto e il rispetto pretestuoso e finto verso chi assolve ai doveri economici c’entrano ben poco, a meno che non accettiamo di essere tutti divenuti merce. Inoltre chiunque sia mai entrato, anche solo una volta, in una mensa scolastica conosce gli sprechi quotidiani che vi avvengono.
Pochi giorni fa un articolo molto bello apparso sulla pagina di Potere al Popolo mi ha ricordato una cosa e mi ha fatto pensare. Mi permetto di prenderne spunto. Chi è campano come me sa che nelle nostre terre, se vai in salumeria e chiedi un panino senza mollica, succede che il salumiere, prima di buttare via la mollica appunto, se la porta alle labbra e la bacia. Questo per riportare ciò che si ritrova tra le mani al suo valore fondamentale, al significato originario di lavoro e fatica, di risposta al bisogno primario di nutrirsi. Al valore di essere parte tutti della stessa umanità.
Proprio questo si è spezzato e mi terrorizza: il patto inviolabile che ci rende tutti parte della grande comunità dell’essere umano. Ed è accaduto anche a Roma qualche settimana fa, quando un gruppo di residente ha calpestato il pane destinato ad un gruppo di Rom. Negare direttamente il cibo anche solo ad uno di noi significa negarlo ad ogni uomo e ad ogni donna. Umiliare una bambina, mettendola davanti ad un pasto svilente per farle pagare il prezzo del suo essere vittima, marcando con forza la differenza tra lei e gli altri, vuol dire umiliare ciascuno di noi. Non c’entra fascismo, razzismo, immigrazione. Non c’entra neanche Salvini, ahimé. Qui c’entriamo noi tutti, ogni singolo italiano, ogni singolo essere umano. Che cosa stiamo facendo?

Salvatore Della Capa (Educatori uniti contro i tagli)