Dal lavoro sociale alla sindrome del Burnout: l’infelicità lunga una vita
Premessa
Da quando mi sono laureata in Scienze della Formazione ,intorno al 1994, con una tesi sul fenomeno del burnout nel privato sociale, mi sono resa conto che era importante per me lavorare sul mio benessere sia psichico che fisico. Da allora ogni mia formazione ha avuto a che fare con questo grande e profondo obiettivo: scongiurare il burnout. Devo dire che non so se ci sono riuscita ma sono 30 anni che faccio questo mestiere e sono ancora qui.
Credo che noi, professionisti/e della relazione d’aiuto, ci troviamo oggi a condurre se non a subire una sottile lotta fra il bene e il male giorno dopo giorno per una vita senza accorgercene se non quando è troppo tardi. Una forma di violenza sottile, impercettibile ed altamente ambigua che si insinua nei meandri dell’anima e la corrompe. Una lotta fra noi stessi/e ed il mondo del lavoro che cambia fatalmente e che comprende utenti, committenti e noi tutti. Una lotta che nasce dagli anni Settanta.
“ E’ in quegli anni” dice la Monoukian nel suo libro Stato dei Servizi (1988) “che si fanno avanti quei principi di diffusione del Welfare come la programmazione decentrata, la partecipazione alla gestione, l’integrazione dei servizi e la prevenzione poi più o meno ripresi dalla legislazione” dove tutti partecipavano di “ un più ampio progetto di rinnovamento della società italiana”. Una dimensione civile e politica per noi oggi inimmaginabile. Dopo un decennio circa veniva invece rilevato da studiosi come Gianni del Rio in Stress e lavoro nei Servizi (1993) del “senso di inefficacia e impotenza direttamente proporzionale alla complessità e gravità percepite dei problemi del meccanismo di cui si è parte……” e che gli operatori e le operatrici dei Servizi cominciavano a vivere.
Assistiamo alla “logica del prisma” ( G.Del Rio) che rinforza la tendenza all’isolamento rendendo povera e fragile l’identificazione individuale e collettiva e la carenza di senso nella lettura che ciascuno di noi fa della complessità che rispetto a quegli anni oggi è aumentata all’ennesima potenza.
Due eminenti psicologi americani e studiosi dell’argomento, Maslach e Leiter, confermano il ragionamento precedente dicendo che la priorità delle organizzazioni post-moderne si è spostata dalla qualità dei processi produttivi ( empowerment organizzativo) verso i meri bisogni di budget che possiamo identificare come meccanismi propri delle Aziende pubbliche, per la nostra realtà cittadina di Bologna e provincia possiamo parlare di Ascinsieme, Asp, Aziende Consortili, Comune e Associazionismo vario oltrechè Cooperative del privato sociale.
Si osserva, sostengono gli studiosi, l’arretramento del senso di appartenenza all’organizzazione per cui si lavora il cui obiettivo non è più il lavoro di equipe che in moltissimi territori è ormai solo un ricordo, bensì l’utilizzo ( o sottoutilizzo diciamo noi) del lavoratore e della lavoratrice per soli obiettivi di budget sventrando così la valorizzazione umana e professionale. Svalutazione della figura professionale che corrisponde esattamente alla svalorizzazione del lavoro divenuto flessibile e spezzato o trasformato in gettone di presenza, vaucher ( fino a quando c’erano), volontariato.
E’ in questo quadro che nasce, cresce e cova la cosiddetta “sindrome del Burnout”, è qui che la psicologia del lavoro comincia ad interessarsi non solo allo stress-lavoro-correlato ma anche al carico emotivo importante che scaturisce dal lavoro con gente disagiata e/o ammalata e che pesa sul professionista fragile e senza più strumenti seri di lavoro, giorno dopo giorno.
Informazione legislativa
Oggi la Sindrome del Burnout è una sindrome riconosciuta, insieme allo stress, al mobbing e similari, dal Ddl 81/2008 in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in particolare nell’art.28 viene richiamata la necessità di valutare tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori compresi quelli legati allo stress-lavoro-correlato secondo i contenuti dell’accordo Europeo dell’8 ottobre 2004. Secondo l’Accordo Europeo
“affrontare la questione dello stress-lavoro-correlato può condurre ad una maggiore efficienza ed a un miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori,con conseguenti benefici economici e sociali per le imprese,lavoratori e la società nel suo complesso.”
Questo è sinteticamente quanto dice la legge e quanto riportano siti di settore e articoli sull’argomento ma cosa davvero facciano in Italia le aziende pubbliche e private per i loro lavoratori e lavoratrici non è dato saperlo con chiarezza se non dai lavoratori stessi. Non di poco conto è notare come sia silente lo Stato Italiano su queste tematiche.Certo è che alcune organizzazioni lavorative non fanno nulla in merito senza particolari conseguenze legali, altre rispondono con una minima circolazione di informazione nei corsi obbligatori per legge rivolti ai dipendenti. Qualche cooperativa piu’ volenterosa e che tiene all’immagine, mette anche a disposizione una figura psicologica interna che però non può entrare nel dettaglio delle carenze e contraddizioni organizzative demandando ad un altrove indefinito e legittimando invece una lettura che corre il rischio di essere strumentale e manipolatoria della situazione psicologica del lavoratore. Il rischio è che si “ospedalizzi” il lavoratore che è in burnout a dispetto degli accordi europei, che lo si colpevolizzi, se ne faccia un caso personale poiché altrimenti si dovrebbe mettere in discussione un apparato dirigenziale e amministrativo che oggi vede come unico obiettivo il budget e non la qualità di vita e del lavoro del singolo. A questo punto perché mai un professionista della relazione d’aiuto deve ammettere di essere in burnout?
la sindrome di burnout
Colpisce le persone impegnate nelle professioni d’aiuto laddove vi è un carico emotivo intenso che vede il coinvolgimento del professionista che in una prima fase investe molte energie dal punto di vista “idealistico” motivato dal fatto che può aiutare gli altri, trovare soluzioni cercando di ottenere successo generalizzato e veloce ma poi disilludendosi e mortificandosi quando scopre che la realtà è ben diversa. In questa fase un lavoratore od una lavoratrice giovane può essere funzionale ad una azienda che mira al risparmio poiché usa in surplus le proprie risorse, mezzi e conoscenze passando sopra agli interessi di budget offuscata da motivazioni ideali. Si tratta di lavoratrici laureate e super qualificate, motivate ma pagate molto poco.
Successivamente vi è una seconda fase definita di “stagnazione” dove si reagisce in modo negativo rispetto agli insuccessi. Si arriva cosi al momento della “frustrazione” dove il pensiero dell’operatrice/operatore rasenta la sensazione di inutilità. In questa fase può essere determinante in senso negativo il “mobbing” che alcune aziende fanno subire ai propri dipendenti producendo un tale disagio psicofisico da spingere verso il licenziamento i lavoratori più fragili. In questa fase ci troviamo in piena sindrome di burnout che può essere scambiata per altro. Allora abbiamo fenomeni di fuga nella malattia o nell’assenteismo, atteggiamenti di aggressività verso se stessi e/o verso gli altri come utenti o interlocutori o colleghi. Infine la fase del “disimpegno” dove gradualmente ci si disaffeziona dal proprio lavoro rendendo inutile ogni azione lavorativa. Senza consapevolezza di ciò che sta succedendo, chi ha interesse può strumentalizzare tali situazioni lavorative per denunciare ipocritamente l’inutilità di un Servizio piuttosto che di un operatore/ operatrice specifica giocando sull’ignoranza degli operatori stessi,sul loro timore di perdere il lavoro, sull’ignoranza degli utenti e della pubblica opinione in generale giustificando così dei tagli di budget o licenziamenti.
Le strategie per affrontare il burnout: fra diritti e lotte un approccio multidimesionale
Oggi i medici di base, per legge, dovrebbero conoscere la sindrome del Burnout che provoca o aggrava alcuni disturbi di tipo psicosomatico oltre che ovviamente creare condizioni psicologiche penose, dunque dovrebbero saperla diagnosticare. Usiamo il condizionale perché certio medici di base hanno un atteggiamento critico scambiando alcuni atteggiamenti del lavoratore come “assenteismo” mirato.
quindi è bene chiedere il parere del proprio medico di fiducia se è un medico di cui ci si fida poiché importante è conoscere, prevenire e se non si può più prevenire, curare e prevenire le ricadute. Quanti sanno che si ha il diritto di chiedere la malattia al lavoro per ciò che causa il Burnout ?
In generale comunque esistono diverse strategie per contrastare il Burnout ma noi riteniamo che essendo i fattori di rischio sia personali che organizzativi, l’approccio debba essere multidimensionale. Vediamo alcuni approcci/strumenti per affrontare il burnout.
Autovalutazione con l’M.B.I.
Come sostiene Christina Maslach, docente di psicologia: “Un grammo di prevenzione vale quanto mezzo chilo di cura”.
Allora una prima cosa che è possibile fare è compilare l’M.B.I., strumento che di èer sé può essere autogestito se si è Educatori Professionali laureati, psicologi, medici altrimenti è meglio compilarlo insieme ad un professionista che possa aiutare a comprenderlo. Si può reperire sul web. In sintesi è comunque bene condividere i risultati del test qualora fossero disastrosi, con una psicologa o psicologo.
Il questionario affronta tre diversi campi della professionalità e sono : l’esaurimento emotivo; la depersonalizzazione; la realizzazione personale. Farlo serve unicamente ha “quantificare” emozioni e sensazioni che altrimenti non sempre si riesce a fermare e definire ed a capire dove si è.
Piano personale
Si può scegliere di lavorare sulla propria persona attraverso percorsi di crescita personale. Si tratta di un sovraccarico emotivo, dunque è sul piano emozionale che occorre lavorare. Dalla terapia psicoanalitica alle svariate tecniche di meditazione. Un lavoro di contenimento dello stress per chi se la sente, può essere affrontato da tutte quelle meravigliose tecniche bioenergetiche per il benessere come lo yoga, il reiki, le visualizzazioni meditative, o trattamenti olitici e bioenergetici che influenzano ed agiscono sul piano emozionale e delle energie sottili di cui siamo fatti.
E’ la stessa Maslach che invita – nei suoi testi – a distaccarsi dalle situazioni vissute nell’ambito lavorativo, prima di rientrare in famiglia, attraverso tecniche di rilassamento o forme di decompressione psicologica.
Evidentemente tali attività di decompressione non sono LA soluzione MA aiutano a NON portare a casa propria le tensioni vissute nella giornata lavorativa, a far si che ci sia una sana separazione fra il tempo del lavoro, tempo libero e vita personale. Quanta importanza dà la nostra società al tempo libero?
A proposito del tempo libero
Il filosofo tedesco Theodor Wiesengrund Adorno disse che : “…Il vero tempo libero— se fosse realmente ispirato all’ozio latino e se fosse sul serio messo a disposizione delle classi subalterne — sarebbe rivoluzionario. Sarebbe il tempo della riflessione, dello studio, della comprensione. E sarebbe finalmente a disposizione di tutti. Ma non lo sarà, perché il tempo libero, quello a disposizione della coscienza, è pericoloso. è sedizioso.
È nell’ozio che si coltiva la coscienza, si progettano le rivoluzioni e le trasformazioni dello status quo.”
E’ interessante per noi professionisti/e della relazione d’aiuto riflettere sul concetto di tempo libero ; è importante la distinzione fra tempo lavorativo, flessibile, spezzettato e invece il tempo libero o liberato dentro al quale solo noi col nostro libero arbitrio possiamo decidere cosa abbiamo voglia di fare. Un tempo liberato da stress ed impegni durante il quale rigenerarsi e poter esprimere se stessi nelle attività più piacevoli o confacenti. Quanti di noi sono ancora in grado di vivere così il proprio tempo libero rispetto invece all’organizzazione del proprio orario di lavoro imposto? Ad Esempio chi fa diversi servizi con orari spezzati può solo dividere il tempo lavorativo da un tempo di attesa non pagato e non utilizzato per sé. Il concetto di tempo libero oggi è assai relativo e subalterno al tempo lavorativo flessibile, sempre più imposto e non partecipato quando non diviene tempo vuoto, il tempo della disoccupazione. Ancora possiamo aggiungere che se abbiamo un po’ di tempo libero a volte siamo costretti a passarlo studiando il modo di difenderci dagli “attacchi” del sistema lavorativo o se preferite dal “sistema di potere” mentre i dirigenti lo fanno nel tempo di lavoro retribuito, cosa? Trovare il sistema per sfruttare o/e licenziare i lavoratori/soci che non servono più alla causa.
Ma questo è un altro capitolo.
piano sindacale e organizzativo-aziendale
Spesso e volentieri fra i motivi che inducono il Burnout ci sono pessime condizioni salariali e di lavoro. Ritmi intensi e orario spezzato, periodi di inattività forzata, insicurezza degli appalti , lavoro in solitudine, mancanza di tempo per la programmazione, scarsa considerazione del ruolo, obiettivi non chiari, ruoli mal definiti, mancanza di comunicazione fra amministrazione del personale e dipendenti,mancanza di supporto all’interno dell’ambito lavorativo, mancanza di condivisione fra colleghi, sovraccarico di responsabilità e lunga esposizione ai problemi degli utenti, situazioni emotive molto complesse che riguardano gli utenti e di fronte alle quali non c’è una risposta organizzata soprattutto in periodo di tagli al welfare. Su questi temi pensiamo che sia ora di ri-utilizzare i Sindacati a fare quello per cui sono nati cioè difendere i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
Un intervento efficace è modificare l’organizzazione del lavoro, come la pianificazione degli orari, ottimizzare la divisione delle attività, condividere le responsabilità, migliorare le condizioni contrattuali e dar maggior flessibilità di permessi e congedi come accade già da tempo i altri paesi .Un Sindacato può tenere conto di queste tematiche nelle contrattazioni, nelle vertenze individuali, nella formazione e nelle consulenze legali.
Anche la remunerazione, hainoi, è importante poiché se gli operatori e le operatrici vivono in condizioni economiche precarie potranno fare ben poco per utenti che sono molto simili a loro per condizione.
La relazione d’aiuto
Naturalmente è molto utile la formazione in generale ma pensiamo sia davvero cruciale la formazione che preveda l’apprendimento di tecniche di ascolto nella relazione d’aiuto, di gestione delle emozioni, di problem solving, di mediazione dei conflitti, di conoscenze specifiche sul fenomeno sociale che riguarda gli utenti con i quali si lavora (dall’immigrazione,all’handicap, alla psichiatria,alla tossicodipendenza,al sostegno genitoriale ). Spesso accade che colleghi e colleghe la formazione se la pagano per conto proprio.
In conclusione
Siamo convinti che il fenomeno del Burnout possa essere affrontato e risolto soltanto se se ne prende coscienza e su più fronti, sappiamo invece che miete vittime inconsapevoli poiché dura anni silente e confuso prima di essere scoperto nella sua virulenza. Molti nostri colleghi e colleghe si “bruciano” in una società che non riesce a mantenere l’aspetto umano che invece noi vogliamo disvelare sempre più. Il suggerimento e la nostra scommessa a dire il vero è di cominciare da noi, dalla nostra realtà lavorativa per arrivare a confrontarci con colleghi e colleghe e trovare insieme soluzioni senza rimanere passivi e immobili; partire sinceramente e in modo pulito, onesto, dal cuore di ciascuno di noi per ricominciare di nuovo, disvelare il meccanismo del “potere” che logora e sostituirlo col potere personale e collettivo compiendo una operazione culturale e politica di ampio raggio, col libero arbitrio sul proprio tempo dove non si viva per lavorare ma si lavori per vivere.
Mariarosa Di Marco
note biografiche
lavora da 30 anni nel privato sociale come Ed.Prof.le, Laureata in Scienze della Formazione a Bologna, Pedagogista; Volontaria dell’Associazione Interculturale “Annassim” ; Counsellor rogersiana, Operatrice olistica, scrittrice di narrativa, sin dagli esordi è nel gruppo “Educatori uniti contro i tagli” e nella redazione radiofonica, inoltre svolge attività sindacale da svariati anni attualmente per il Sindacato Generale di Base.
Si è laureata nel 1995 con una tesi in psicologia sociale: “Lavoro educativo,operatori sociali e Burn-out” Facoltà di Sc.della formazione (Unibo) con la Relatrice Prof.ssa Bruna Zani e da allora cerca e sperimenta qualsiasi cosa prevenga il Burnout.
articoli
Contessa G.,1981“L’operatore sociale cortocircuitato: la “burning-out syndrome” in Italia.
In “Animazione Sociale”, N.42-43- Novembre 1981 – Febbraio 1982
sitografia
http://www.changesrl.it/files/lepore.pdf Accordo Europeo 8 ottobre 2004
https://www.puntosicuro.it/sicurezza-sul-lavoro-C-1/ruoli-figure-C-7/lavoratori-C-73/prevenzione-dello-stress-obblighi-dei-datori-di-lavoro-AR-8041/
https://appsricercascientifica.inail.it/focusstresslavorocorrelato/index.asp
– guida elettronica per la gestione dello stress e dei rischi psicosociali https://osha.europa.eu/it/tools-and-publications/e-guide-managing-stress-and-psychosocial-risks
– agenzia europea per la salute e sicurezza sul lavoro: https://osha.europa.eu/it
– rischi psicosociali in Europa : file:///C:/Users/Mariarosa/Downloads/Summary%20Psychosocial%20risks%20in%20Europe-it.pdf
Bibliografia
– Baiocco R., Crea G,. Laghi F., Provenzano L. Il rischio psicosociale nelle professioni di aiuto: la sindrome del burnout negli operatori, medici, infermieri, psicologi e religiosi. Edizioni Erickson, Trento, 2004.
– Cherniss, C.La sindrome del burn-out. Lo stress lavorativo degli operatori dei servizi socio-sanitari. Il Centro Scientifico Torinese, Torino, 1983.
– Maslach, C.La sindrome del burnout. Il prezzo dell’aiuto agli altri.Cittadella Editrice, 1997.
– Maslach, C. e Leiter, M.P.Burnout e organizzazione. Ed Erickson, Trento, 2000.
– Pellegrino F.Oltre lo stress, burn out o logorio professionale. Torino: Centro Scientifico Editore 2006.
– Vittorio Lodolo D’Oria: Pazzi per la scuola. Il burnout degli insegnanti a 360º. Prevenzione e gestione in 125 casi, Alpes Italia, 2010.
Podcast “Sig.re e sig.ri il welfare è sparito!” puntate di marzo 2017
7 marzo. “Per un 8 marzo ricorrenza di lotta, sciopero globale contro la violenza sulle donne”, ne parliamo con Elisa Coco, attivista di “nonunadimeno Bologna”. “No all’esternalizzazione della cultura e della cittadinanza. Un abbraccio alla biblioteca Lame”, ne parliamo in studio con Brunella Guida dell’Assemblea per la difesa della Biblioteca Lame “Cesare Malservisi”. Rubrica Educaweb a cura di Mariarosa.
Link audio: https://soundcloud.com/radiokairos/signore-e-signori-il-welfare-e-sparito-martedi-7-marzo-2017mp3
14 marzo. “Palermo, inclusione o esclusione scolastica? Studenti disabili a casa da dicembre. Lavoratrici e lavoratori sociali senza lavoro e reddito. Oltre al danno anche la beffa denunciati per manifestazione non autorizzata”, ne parliamo in diretta con Donatella Anello (Assistenti all’igiene personale disabili – Palermo). Aggiornamenti dal mondo del sociale. Rubrica Educaweb a cura di Mariarosa.
Link audio: https://soundcloud.com/radiokairos/signore-e-signori-il-welfare-e-sparito-martedi-14-marzo-2017mp3
21 marzo. “Ascoltare, ascoltarsi. Percorsi di ascolto reciproco contro il burn out e l’apatia nei mestieri di cura”, ne parliamo con Serena e Mariarosa dello “Sportello di ascolto psicologico per lavoratori del sociale”. “Operatori o guardie? Il mestiere dell’accoglienza dopo il decreto Minniti”, ne parliamo in studio con Alessandro e Damiano, operatori dell’accoglienza. “Non c’è pace per gli ulivi. La vicenda del gasdotto Trans adriatic pipeline”, ne parliamo in diretta dal Salento con Gianluca Maggiore, attivista NO TAP. Rubrica Educaweb a cura di Mariarosa.
Link audio: https://soundcloud.com/radiokairos/signore-e-signori-il-welfare-e-sparito-martedi-21-marzo-2017mp3
28 marzo. “La guerra degli emendamenti. Tornano gli OPG?”, ne parliamo con Peppe Dell’Acqua, psichiatra, per molti anni Direttore dei servizi psichiatrici di Trieste. “Operatori Sociali contro il pacchetto Minniti. Le prossime iniziative” ne parliamo con Damiano della Rete Operatori Sociali dell’accoglienza. “Educarsi ai propri diritti. La lotta di Giuseppe contro le notti (in)volontarie” ne parliamo con Rocco Lamanna della Segreteria Nazionale CUB Sanità Italiana. Rubrica Educaweb a cura di Mariarosa.
Link audio: https://soundcloud.com/radiokairos/signore-e-signori-il-welfare-e-sparito-martedi-28-marzo-2017mp3
PODCAST – Sig.re & Sig.ri il Welfare è sparito – puntate di febbraio 2017
7 febbraio: “Cooperare al ribasso. La situazione in Coop Libertas” ne parliamo in studio con Marica Prandini, delegata sindacale CGIL. “Educatori a scuola: tutele per cambio gestione appalto sostegno scolastico e questione educatore di plesso” ne parliamo in diretta telefonica con Salvatore Arpaia di CGIL e Marco Martucci di USB.
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14 febbraio: “Bassa soglia a Bologna. Riduzione del danno o riduzione dei servizi?” ne parliamo con il dott. Salvatore Giancane, medico tossicologo SERT di Bologna e con Massimo Lorenzani, coordinatore di LAB 57. “Accordo Cooperativa Quadrifoglio ed educatore di plesso ruoli e mansioni”, ne parliamo con Rosella Chirizzi (Educatrice e delegata SGB).
https://soundcloud.com/radiokairos/signore-e-signori-il-welfare-e-sparito-martedi-14-febbraio-2017mp3
21 febbraio: “DDL 2443 Iori: Educatore sociale, Educatore professionale, Educatore socio sanitario, pedagogista e psicologo, quali prospettive professionali e di formazione? Cerchiamo di fare chiarezza!”, ne parliamo con l’On. Vanna Iori (Deputata PD e prima firmataria della proposta di legge) e con la Prof.ssa Giovanna Guerzoni (Coordinatrice del CdL in Educatore Sociale – Università di Bologna).
https://soundcloud.com/radiokairos/signore-e-signori-il-welfare-e-sparito-martedi-21-febbraio-2017-puntata-incompletamp3
28 febbraio: “Costruire o abbattere muri. La vita dei migranti ai tempi del decreto Minniti“, ne parliamo in studio con Neva Cocchi di Ya Basta! e Filippo Nuzzi di Piazza Grande. “Coprogettare (non subire) il Servizio di Integrazione Scolastica“, ne parliamo con Ruggero Manzotti dell’Assemblea Educatori di Parma.
https://soundcloud.com/radiokairos/signore-e-signori-il-welfare-e-sparito-martedi-28-febbraio-2017mp3
DA COSA PASSA IL RICONOSCIMENTO DELLA PROFESSIONALITÀ DELL’OPERATORE SOCIALE?
La legge Iori-Binetti 2656 è giunta all’ultimo passaggio della sua approvazione definitiva in parlamento.
Cosa succederà da qui in avanti? Che finalmente la categoria dei lavoratori del sociale assumerà un nuovo riconoscimento all’interno del mercato del lavoro e dei Servizi? Che verrà definito chi sono, cosa fanno, quanto necessari sono? Che ci saranno nuovi investimenti, pubblici e privati, sui Servizi territoriali? Che il nostro contratto nazionale, scaduto ormai dal 2012, verrà preso finalmente in considerazione e si stabilirà un salario dignitoso per una categoria sfruttata e sottopagata? Che finalmente, con la definizione di un curriculum formativo universitario la nostra professione e la nostra categoria di lavoratori possano acquisire la meritata dignità sociale?
Queste sembrano le volontà sottese, eppure siamo molto preoccupati da quello che ci attende, a fronte delle insoddisfacenti risposte sulla reale attuazione e il reale impatto che la legge Iori-Binetti porterà nel lavoro quotidiano.
Più ci guardiamo attorno e più questa proposta di legge ci appare in contraddizione con la realtà dei Servizi alla persona e con le condizioni professionali di chi ci lavora in esso.
Una realtà che vede educatori scolastici che lavorano senza un’equipe e con ore di programmazione tendenti a zero, educatori abbandonati sul territorio a gestire gruppi in solitudine, senza una sede, un luogo fisso in cui poter svolgere le attività, colleghi che per mesi non vengono pagati, che fanno turni di notte “passivi”, non retribuiti, educatori che utilizzano le loro molteplici competenze per poter offrire un lavoro di qualità. Tutto questo in una realtà che continua a seguire la logica delle esternalizzazioni al ribasso e si concretizza in situazioni di grave precarietà lavorativa, rispetto ad un sempre maggior bisogno di risposte sociali ed educative. Non possiamo fare altro che chiederci se non siano proprio queste condizioni, così profonde e incancrenite da non essere più notate come invalidanti, a togliere la dignità non solo alla professione di operatore sociale, ma anche a chi stesso la svolge.
Nella complessità del “Welfare-Wild-West”, fa nascere dubbi e domande l’avvento di una legge che risulta slegata dal contesto in cui lavoriamo e dalla concretezza delle condizioni. Una legge che parla di università, di crediti e di mansioni ulteriori da acquisire, mai di tutele e riconoscimenti per i lavoratori, rischiando altresì di aggiungere ulteriori oneri economici ad una delle categorie in assoluto meno pagate in Italia.
Non riteniamo sia sbagliato puntare sulla formazione e sulla professionalizzazione degli educatori, tutt’altro, ma perché non investire sul diritto di formazione, sugli obblighi formativi annuali e non valorizzare in maniera ufficiale i percorsi di formazione continua? Perché rinforzare e riconoscere solo e soltanto i percorsi universitari come professionalmente formativi, consolidando sempre più gli interessi politici ed economici dell’accademia, anche in relazione alla fallita unificazione dei percorsi formativi in ambito sociale e sanitario, ignorando quindi le direttive europee?
Quest’ultimo punto ci sembra infatti l’elemento più contraddittorio e difficile da accettare della proposta di legge, insieme all’irrispettosa scelta, a cui finora nel concreto ufficialmente mai è stata proposta un’alternativa, di scaricare sulle spalle del singolo lavoratore l’onere economico del corso universitario obbligatorio da 60 crediti, previsto per chi, da norme transitorie, vorrà prendere l’equipollenza.
Il primo riconoscimento che serve alla categoria degli educatori è certo il riconoscimento della professionalità, ma non limitato al percorso accademico precedente allo svolgimento della professione, bensì di pari passo esteso obbligatoriamente ad un adeguato riconoscimento economico, bilanciato anche alla richiesta vincolante di un titolo di laurea e in linea con gli altri paesi europee paragonabili per livello economico e costo della vita al nostro, ed al miglioramento delle condizioni di lavoro e della qualità dei servizi.
Ricentriamo il dibattito su quello che veramente manca, da decenni, nel settore del lavoro sociale: un investimento in termini economici e di pensiero, che possa garantire veramente condizioni di lavoro dignitoso e un servizio di qualità per l’intero tessuto sociale.
L’affermazione forte del nostro bisogno di senso, rispetto, valore e qualità, come educatori, lavoratori e persone, passa già attraverso un dialogo aperto, confronti e dibattiti sui territori, attraverso insomma una linea di discussione che attraversa l’intero paese e costruisce un’unità e una mobilitazione nazionale che si sta preparando ad emergere in maniera prorompente.
Rete Nazionale Operatori Operatrici Sociali
#cambiamolaleggeiori
Firma la PETIZIONE www.change.org/p/deputati-e-senatori-del-parlamento-italiano-cambiamolaleggeiori
PODCAST- Sig.re & Sig.ri il Welfare è sparito- puntate di gennaio 2017
10 gennaio: “Sportello di ascolto psicologico per Educatori Bologna” presentazione in studio con la dottoressa Serena Saggiomo e gli Educatori uniti contro i tagli. “Denuncia contratti irregolari e turni massacranti e viene lasciato a casa dopo 10 anni di lavoro in comunità”, intervista a Giuseppe Rambaldo educatore-Milano. Aggiornamento sulla legge 2443 Iori.
https://soundcloud.com/radiokairos/signore-e-signori-il-welfare-e-sparito-martedi-10-gennaio-2017
24 gennaio: “Il DDL sulla buona scuola alla verifica del primo quadrimestre. Promosso o bocciato?”, ne parliamo in studio con Stefano Giacovelli dei Partigiani della Scuola Pubblica e in diretta telefonica con Rosella Chirizzi, educatrice, delegata SGB e Mirco Pieralisi, insegnante.”
31 gennaio: “Educatore lasciato a casa dopo denuncia contratti irregolari e turni massacranti ai Martinitt Milano”, nuovi aggiornamenti con intervista a Giuseppe Rambaldo (Educatore – Milano). “Le novità del DDL Buona Scuola e sul sostegno scolastico”, ne parliamo con Anna Dello Buono (Rete nazionale delle Associazioni di Genitori e Insegnanti di Sostegno)”.
Buon ascolto.
Manuale di Autodifesa del Lavoratore Sociale
Dal blog dei colleghi di Milano (https://operatorisociali.noblogs.org/post/2015/11/14/manuale-di-autodifesa-del-lavoratore-sociale/):
Questo lavoro è frutto di un anno di studio e di lotte di un gruppo di operatori e operatrici di Milano e hinterland.
Non è un libricino da custodire né abbandonare in qualche cassetto della scrivania, ma vuole essere uno strumen
to di
alfabetizzazione e di autodifesa, tascabile, da avere sempre con sé per usarlo all’occorrenza nei luoghi di lavoro,
e da far circolare tra colleghi.
Dentro ci sono anche i contatti della Rete, da usare per segnalare aggiornamenti, suggerire contenuti, condividere situazioni e, se volete, partecipare alla Rete.
Buona lettura!
Versione stampabile: Manuale di Autodifesa del Lavoratore Sociale
Sportello di ascolto psicologico per lavoratori del sociale
E’ attualmente operativo lo “Sportello di ascolto psicologico per
lavoratori del sociale“, costruito dagli Educatori Uniti Contro i Tagli
insieme alla Dottoressa Serena Saggiomo e Sara Loffredo.
Un piccolo primo passo per diffondere la cultura del benessere e della
tutela psicologica di professioni emotivamente faticose, troppo spesso
abbandonate a se’ stesse.
Si accede ai colloqui prenotandosi al numero 3297811259 oppure
3391800060
Scrivendo all’email sportellodascoltoeucit@gmail.com
Lo sportello è gratuito ed è aperto da Gennaio 2017
tutti i Martedì presso gli spazi del TPO ( via Casarini 17/5) dalle
18:00 alle 21.30.
Cosa non è:
– Non è uno spazio di psicoterapia personale né uno spazio per
“curare” dei disturbi.
– Non è un momento che sostituisce le supervisioni singole o di Equipe
che dovrebbe offrirti la cooperativa.
Cosa può essere:
– uno spazio neutro e imparziale di riflessione sui vissuti personali
legati al proprio lavoro di educatore, ai rapporti con l’utenza e con la
“cornice” lavorativa.
– un aiuto per superare un momento di impasse emotivo legato al proprio
lavoro.
– un momento in cui, con l’aiuto di un esperto, si può valutare il
proprio livello di burnout e stress lavorativo ed essere informati sui
possibili percorsi da intraprendere.
– uno spazio libero di ascolto e di catarsi.
NADIA
Sei morta nel giorno in cui correva l’anniversario della morte di Giulio e a guardarli sui social network, oggi i vostri sorrisi si assomigliano tantissimo. La nostra meglio gioventù: le vostre immagini di ragazzi pieni di vita sono tutto ciò che c’è rimasto per sperare ancora in questo paese così ingrigito e stanco. Siete molto più vivi voi di tutti questi celebranti di messe riparatrici che sghignazzano perché potranno finalmente riempire le poltrone dei loro macabri talk show con il vostro sangue. Che mestiere farabutto il nostro, Nadia: ci si può anche morire, in un turno qualsiasi, tra le sedie di un refettorio all’ora di pranzo, a un quarto di secolo di vita appena scoccato. E tutti giù a scrivere che è morta una santa, una martire che dedicava il suo tempo ai più sfortunati, agli ultimi. Io no, io dico che non è morta una santa, ma una lavoratrice, una mia collega, un’operaia della cura, una funzionaria delle relazioni umane. Un mestiere impenetrabile il nostro, Nadia: la stragrande maggioranza di persone non lo concepisce neppure: quando ci va bene, questi pensano che siamo dei bravi ragazzi che fanno del bene al prossimo, una colonia di boy scout altruisti che formano la propria personalità in eterno donandosi agli altri. Nessuno che dice che per questo ci meriteremmo uno stipendio più decoroso, delle condizioni contrattuali più degne, una legislazione adeguata e non affidata alla contrattazione parlamentare tra i vari tutori dei diversi baronati universitari. Adesso tutti giù a scrivere che ci vogliono le telecamere nei luoghi dove lavoriamo, come se ci fosse differenza a essere filmati o no quando si muore, tutti a mettere in evidenza che quello era un marocchino, e tutti giù con i “sbattiamoli fuori questi bastardi”. Quanta banalità scorre nelle vene di chi guarda la vita passargli accanto senza viverla e commentandola soltanto. Mi piacerebbe che potessi rispondere tu a questi idioti dell’attimo dopo, a questi sciacalli delle disperazioni altrui, mi piacerebbe che fossi tu a mandarli tutti quanti affanculo. Ma tu ora stai in silenzio e io non so dove sei. Tocca a noi difendere il senso di ciò che facevi, di ciò che facciamo ogni giorno. Tocca a noi mantenere in vita il tuo sorriso Nadia, il tuo sorriso così simile a quello di Giulio.
Paolo Coceancig
LEGGE 2656 IORI: UNA STRADA PER GLI EDUCATORI SENZA TITOLO

Documento con proposte di linee guida per i bandi dei gruppi socio-educativi